Onorevoli Colleghi! - Con la presente proposta di legge si intende istituire una Commissione parlamentare di inchiesta per accertare i fatti relativi ai sequestri di cittadini italiani avvenuti in aree di conflitto in territorio straniero e che si sono susseguiti al 2004 ad oggi. Si è trattato di vicende drammatiche, rispetto alle quali il Governo ha ritenuto di dover assumere decisioni difficili e rischiose per salvare la vita dei nostri connazionali.
      Le catture come ostaggi che hanno interessato cittadini italiani in Afghanistan, in Iraq e, più recentemente, in Nigeria, si sono talvolta concluse positivamente. Tuttavia, in alcune circostanze, si è dovuta dolorosamente registrare altresì la vile uccisione di persone indifese, che l'iniziativa del Governo non è riuscita ad evitare. È stato questo il destino, tra gli altri, di Fabrizio Quattrocchi, di Enzo Baldoni, dell'autista e dell'interprete con i quali viaggiava Daniele Mastrogiacomo,

 

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Sayed Agha e Adjimal Nashkbandi, mentre il funzionario del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare (SISMI), Nicola Calipari, ha perso la vita nel corso della complessa operazione culminata nella liberazione di Giuliana Sgrena.
      Nella XIV legislatura, maggioranza e opposizione convennero sull'opportunità di adottare una linea politica mirante, con tutto l'impegno possibile, a salvaguardare l'incolumità e ad ottenere il rilascio delle persone di volta in volta rapite e minacciate. Lo stesso atteggiamento si è altresì registrato anche in occasione del rapimento, verificatosi lo scorso autunno in Afghanistan, di Gabriele Torsello.
      Le recentissime vicende che hanno riguardato Daniele Mastrogiacomo e i suoi due collaboratori afgani sono state invece all'origine di un vivace dibattito, che si è sviluppato tanto all'interno del nostro Paese quanto nell'ambito delle alleanze internazionali di cui l'Italia è parte. Si è in particolare contestata la scelta, che il Governo italiano avrebbe compiuto, di esercitare pressioni sull'Amministrazione dello Stato islamico dell'Afghanistan guidata dal Presidente Hamid Karzai per ottenere il rilascio di alcuni noti capi del movimento politico-militare talebano, che era richiesto dai sequestratori a titolo di contropartita per la liberazione di Daniele Mastrogiacomo e di Adjimal Nashkbandi, poi invece barbaramente assassinato.
      Dubbi sono stati altresì sollevati relativamente all'opportunità di privilegiare, nello svolgimento dei negoziati con gli irregolari afgani, un'organizzazione non governativa, relegando a un ruolo subalterno gli apparati di sicurezza dello Stato italiano.
      Si manifesta dunque oggi, a differenza che in passato, una divergenza sulla risposta da dare ai rapimenti, sugli indirizzi da seguire e sulle scelte che i Governi devono compiere, e ciò non soltanto all'interno del sistema politico e dell'opinione pubblica italiana, bensì anche nell'Alleanza atlantica, che in Afghanistan gestisce una complessa missione militare di stabilizzazione alla quale partecipano anche le truppe del nostro Paese.
      A questo punto, si ritiene che il Parlamento e l'opinione pubblica abbiano il diritto di acquisire conoscenze più certe sull'intera materia dei sequestri avvenuti a danno di cittadini italiani in territorio straniero e in particolare nelle aree di conflitto.
      Appare indispensabile acquisire una ricostruzione attendibile di ciò che di volta in volta ha fatto il Governo, quale è stato il ruolo svolto nelle singole crisi dalle intelligence italiana e dei Paesi alleati, quali trattative siano state intavolate e come si siano concluse.
      È evidente che occorre ridurre quanto più possibile i contrasti politici interni su questa delicata materia, costruendo un nuovo consenso bipartisan nel Parlamento italiano e nel Paese circa la gestione di queste emergenze, e ciò anche al fine di stabilire obiettivi e metodi che dovranno caratterizzare l'azione del Governo e degli apparati dello Stato qualora in futuro si ripetano evenienze di questa natura.
      La Commissione parlamentare di inchiesta che si intende istituire appare a questo riguardo uno strumento adeguato a fare luce sui fatti, sulle scelte e sulle responsabilità, ferme restando le disposizioni relative alla perseguibilità dei «reati commessi dallo straniero (...) a danno dello Stato» in territorio afgano contenute nell'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 2007, n. 38.
      L'articolo 1 della presente proposta di legge, che riprende il testo del disegno di legge presentato al Senato della Repubblica dal senatore Massimo Brutti (atto Senato n. 1470), definisce analiticamente i compiti della Commissione, ne fissa la durata dei lavori in dodici mesi e prevede la presentazione di una relazione conclusiva al Parlamento.
      L'articolo 2 stabilisce la composizione e le modalità di funzionamento della Commissione. Essa, secondo l'articolo 3, procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le medesime limitazioni dell'autorità giudiziaria. Alla Commissione, limitatamente all'oggetto delle indagini
 

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che la legge le affida, non può essere opposto il segreto di Stato né il segreto di ufficio.
      L'articolo 3 regola altresì i rapporti tra la Commissione e l'autorità giudiziaria, nonché i rapporti tra la Commissione e i servizi di informazione e sicurezza.
      L'articolo 4 disciplina l'obbligo del segreto a cui sono tenuti i componenti della Commissione, i funzionari e tutto il personale che a vario titolo collabora all'attività di inchiesta o ne viene a conoscenza.
      L'articolo 5 dispone la procedura accelerata di entrata in vigore della legge.
      Attese la rilevanza, la delicatezza e l'urgenza di affrontare gli argomenti oggetto dell'inchiesta parlamentare in esame, si raccomanda la sollecita approvazione della presente proposta di legge.
 

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